LE
DICHIARAZIONI AMBIENTALI DI PRODOTTO (EPD)
Gian Luca Baldo, Massimo Marino
Life Cycle Engineering, Torino, Italy
info@studiolce.it
INTRODUZIONE
Il crescente interesse nei confronti della protezione e della
corretta gestione dell'ambiente è accompagnato dall'affermarsi
di nuove strategie e politiche che, messe in atto da vari soggetti,
hanno il compito di migliorare l'efficienza dei processi e con
essa di mitigare il carico ambientale che essi generano.
Un'interessante strada che è stata recentemente intrapresa
dai governi europei è quella della politica integrata
di prodotto (Integrated Product Policy - IPP), che prevede
una maggiore attenzione alle varie fasi del ciclo di vita dei
prodotti in quanto è ormai nella comune consapevolezza
che gli impatti ambientali derivanti dalle filiere produttive
che fanno capo ai prodotti sono diversificati a più livelli:
nel tempo, nello spazio, nella tipologia e gravità degli
effetti. A questo proposito, gli orientamenti presenti nei vari
Programmi d'Azione per l'ambiente dell'Unione Europea propongono,
ormai da circa dieci anni, un approccio basato da un lato sulla
responsabilizzazione di tutti gli attori interessati (stakeholders),
dall'altro sulla collaborazione e integrazione tra le parti
in modo tale da spingere il mercato a privilegiare i comportamenti
eco-responsabili.
Da queste idee, trascinate soprattutto dai Paesi del Nord Europa,
nasce il Libro Verde sulla IPP che costituisce la descrizione
di un paniere di strumenti messi a disposizione dei policy makers
in ambito ambientale al fine di perseguire gli obiettivi di
sostenibilità dello sviluppo. L'idea di fondo è
quella di avere il controllo dell'intero ciclo di vita di un
prodotto attraverso l'individuazione degli impatti che i processi
produttivi generano in ogni fase, e creare una relazione tra
questi ed i soggetti economici, sociali ed istituzionali che
ne vengono coinvolti. In questa idea si riconosce evidentemente
il consumatore come uno degli attori principali, sia per il
suo comportamento in fase di gestione e smaltimento del prodotto,
sia in quanto costituisce la bilancia del mercato, che, se influenzata,
può orientarsi verso una direzione piuttosto che un'altra.
Per quanto detto fino ad ora, considerando la volontà
di individuare gli impatti per ogni fase del ciclo di vita di
un prodotto e di responsabilizzare i diversi attori coinvolti,
si può in definitiva giungere alla definizione della
strategia denominata Life Cycle Thinking (LCT), basata
sul "pensare al ciclo di vita" e che vede il suo sviluppo
applicativo nella metodologia dell'analisi del ciclo di vita
(Life Cycle Assessment, LCA) (Figura 1). Nella visione LCT rientrano
le etichette ecologiche di cui si vuole qui parlare,
che hanno il compito specifico di veicolare l'informazione ai
consumatori (sia professionisti, sia finali) sull'entità
del carico ambientale di ciclo-vita di un bene o di un servizio.
Figura
1 - Life Cycle Thinking e le azioni collegate.
LE ETICHETTE ECOLOGICHE
Per quanto detto, risulta chiaro come le aziende più
lungimiranti in campo ambientale stiano spostando il baricentro
delle azioni di marketing verso la possibilità di utilizzare
dei meccanismi che permettano di evidenziare il loro impegno
in campo ambientale attraverso riconoscimenti spendibili nei
mercati, con particolare attenzione alle pubbliche amministrazioni
(green public procurement).
Tra queste troviamo i sistemi di gestione ambientale (con le
ormai note applicazioni ISO 14001 o EMAS) e le etichette ecologiche
di prodotto.
In questo secondo caso, si osserva come le relative etichette
ambientale possano essere classificate, sulla base delle indicazioni
degli standard della serie ISO 14020, in tre differenti
famiglie: etichette di tipo 1, 2 e 3 (Figura 2).
Come evidenziato nello schema di Figura 2, per quanto riguarda
le etichette di tipo 1 è previsto il rispetto
di limiti di performance ambientali (criteri specifici su emissioni,
consumi di energia, ecc.) che sono stabiliti dall'Ente preposto
al rilascio dello stesso marchio: nel caso dell'Ecolabel
Europeo, ad esempio, tali parametri sono stabiliti dalla
Commissione Europea dopo un iter che prevede uno studio approfondito
di LCA del gruppo di prodotti considerato e una concertazione
a livello europeo degli stakeholders per la massima condivisibilità.
Sulla base di questo, è quindi ovvio come un marchio
di tipo 1 non possa essere rilasciato per tutti i prodotti ma
soltanto per quelli per i quali siano stati definiti tali criteri.
I marchi di tipo 2 si basano su una autodichiarazione
del produttore non convalidata né certificata; un esempio
di tali dichiarazioni riguarda la percentuale di riciclabilità
dei materiali contenuti nel prodotto di riferimento.
I marchi di tipo 3, infine, non identificano l'eccellenza
ambientale dei prodotti in senso assoluto (come fanno le etichette
di tipo 1), ma garantiscono che le informazioni contenute in
una dichiarazione ambientale che accompagna il prodotto, una
sorta di carta di identità ambientale, corrispondano
alla realtà secondo norme di riferimento specifiche.
Appartengono a questa categoria le Dichiarazioni Ambientali
di Prodotto di cui vogliamo ora proporre un approfondimento.
Figura 2 - Le
diverse famiglie di dichiarazione delle prestazioni ambientali
di prodotto/servizio.
Da quanto premesso risulta chiaro come la principale
differenza tra i marchi di tipo 1 e 3 (più interessanti
per quanto riguarda la certificazione) risieda nel fatto che
i primi individuano l'eccellenza, mentre i secondi sono di tipo
dichiarativo e orientati alla trasparenza dell'informazione,
nonché, come si vedrà, a favorire il confronto
tra prodotti appartenenti allo stesso gruppo. Da questo emerge
anche come le etichette di tipo 1 siano prevalentemente rivolte
al consumatore finale (il logo, come ad esempio la margherita
europea, è garanzia del marchio), mentre quelle di tipo
3 all'acquirente professionale che possiede le condizioni per
leggere e interpretare le dichiarazioni ambientali.
LE DICHIARAZIONI AMBIENTALI DI PRODOTTO
Analogamente a quanto accade per i sistemi di certificazione
di tipo 1 (Ecolabel in Europa, Angelo Azzurro in Germania, Cigno
Bianco in Scandinavia, Ecologo in Canada, Ecomark in Giappone,
ecc), alcuni paesi hanno predisposto schemi per la certificazione
e registrazione delle dichiarazioni ambientali di prodotto.
Uno degli schemi più attivi a livello internazionale
è quello che lo Swedish Environmental Management Council
(SEMC) ha implementato dal 1998 e che è conosciuto sinteticamente
come Sistema EPD (Environmental Product Declarations,
appunto).
Gli attori che con diversi compiti fanno parte del sistema EPD
sono:
- l'Agenzia svedese stessa, che è l'Ente di riferimento
del sistema che ha redatto le Linee Guida (MSR, 2000) ed ha
inoltre il compito di formare e gestire il Comitato Tecnico
che andrà ad affrontare tutte le questioni relative al
sistema;
- le organizzazioni, che hanno il ruolo più importante
in tutto il sistema in quanto sono loro che, interpretando la
variabile ambiente come nuova opportunità di crescita,
decidono d'investire risorse umane ed economiche in un'attività
finalizzata a migliorare le prestazioni ambientali dei propri
prodotti e a comunicarle in maniera innovativa e accreditata;
- gli organismi di certificazione che svolgono funzione
di verifica e di accreditamento della EPD per conto dello SEMC,
in modo da conferirgli il valore aggiunto necessario ad ottimizzare
l'investimento che le organizzazioni hanno intrapreso in questa
direzione;
- le parti interessate, che devono dare il giusto peso
alle certificazioni in modo da garantirne una adeguata diffusione.
Per quanto riguarda la documentazione di riferimento,
oltre alle Linee Guida che regolano il Sistema EPD e alle ISO
1404X, il sistema si basa (Figura 3):
Figura
3 - I documenti di riferimento del Sistema EPD.
1. sui Requisiti Specifici di Prodotto (Product Specific
Requirements, PSR), che costituiscono la "scheda
tecnica" dei prodotti (o meglio del gruppo di prodotti).
In questo documento, l'azienda, il distretto o il settore produttivo
definiscono i criteri di appartenenza di un prodotto ad un determinato
gruppo e per questo fissano i parametri utili a rendere confrontabili
le EPD dei prodotti funzionalmente equivalenti compresi nel
gruppo. Nella PSR vengono definiti i parametri tecnici e funzionali
del gruppo, il campo di applicazione dello studio del ciclo
di vita del prodotto (Life Cycle Assessment, LCA) e gli aspetti
ambientali rilevanti per quel gruppo;
2. sui risultati di uno studio LCA condotto sulla base
delle indicazioni presenti nei PSR, nelle linee guida del sistema
e nelle norme ISO 14040;
3. sulla vera e propria dichiarazione ambientale (EPD)
che andrà ad essere convalidata e che in pratica consiste
in un documento idoneo a comunicare nella maniera più
efficace e trasparente possibile i risultati dello studio LCA.
Questo sistema mette in pratica le indicazioni
contenute nel TR ISO 14025 che gli esperti prevedono possa assumere
lo status di norma entro un tempo ragionevolmente breve (si
parla della fine del 2004).
Ad oggi, sono state convalidate più di 50 dichiarazioni
relative a differenti prodotti realizzati in tutto il mondo,
mentre sono in fase di discussione ed approvazione oltre 15
PSR per altrettanti prodotti.
Informazioni costantemente aggiornate sono disponibili su www.environdec.com.
LO SCENARIO ATTUALE E LA SITUAZIONE ITALIANA
L'esperienza lanciata dallo SEMC ha costituito la base per una
serie di iniziative ad essa collegate in varie parti del mondo.
In pratica, in molti paesi, tra cui l'Italia, la richiesta delle
organizzazioni (specialmente aziende produttive) nell'investire
in uno strumento di comunicazione così efficace e mirato
ha portato alla creazione di un mercato dove società
di consulenza ed enti di certificazione lavorano per consentire
agli interessati di accedere al Sistema EPD.
Lo stesso Sistema EPD appartiene ad un network, il Global
Type III Environmental Product Declaration Network
(GEDnet), che ha lo scopo di incoraggiare la diffusione
delle informazioni su questo tema e proporre una discussione
a livello internazionale sulla famiglia di dichiarazioni ambientali
di tipo III.
La Commissione Europea dal canto suo sta seguendo con molta
attenzione lo sviluppo di questo strumento, sia per le chiare
interconnessioni con l'Ecolabel, sia per le potenzialità
di diffusione di informazioni verdi tra i consumatori europei.
La stessa EC ha recentemente commissionato uno studio per avere
il punto della situazione aggiornato a livello europeo (ERM,
2002).
A livello nazionale, è innanzitutto doveroso citare l'esperienza
di ANPA (l'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente,
ora APAT) che dai primi mesi del 2000 aveva attivato una stretta
collaborazione con lo SEMC e aveva lanciato un certo numero
di casi pilota di dichiarazioni EPD. Il merito particolare di
questa iniziativa è stato quello di avvicinare il mondo
produttivo italiano ad uno strumento di comunicazione ambientale
innovativo, in grado di colmare un vuoto più volte lamentato
dagli imprenditori stessi, desiderosi di attuare azioni di green
marketing basate sulle prestazioni ambientali dei propri prodotti
e non (solo) sulla generica accortezza, nei confronti dell'ambiente,
della propria gestione aziendale.
Per varie ragioni, il lavoro di ANPA non è arrivato a
concludere l'iniziativa con l'attivazione di un Sistema EPD
nazionale mutuamente riconosciuto dal Sistema originale svedese,
ma il testimone di ANPA è stato subito raccolto da alcune
società di consulenza, che si sono attivate per continuare
a lavorare con SEMC indipendentemente da ANPA e da un Ente di
certificazione, il RINA; che per primo si è accreditato
per poter operare in Italia per conto di SEMC stesso. Ad oggi
(Ottobre 2003) sono state registrate 8 dichiarazioni EPD di
aziende operanti in Italia e sono state pubblicate 13 PSR di
provenienza italiana.
Notizia recente è infine quella riguardante il progetto
finanziato dalla CE nel 2003 nell'ambito del programma LIFE
"Definition of an EPD system that can be applied at
international level and its implementation in two pilot countries
(Sweden and Italy)" (INTEND), che consente il rilancio
dell'iniziativa ANPA in grande scala con la partecipazione di
34 partner tra università, aziende, enti di certificazione
e società di consulenza. L'obiettivo iniziale è
quello di supportare un certo numero di progetti a raggiungere
la registrazione EPD, mentre, nel medio periodo, a raggiungere
la piena internazionalità del sistema anche attraverso
le iniziative che parallelamente svolgono attività di
supporto a questo tipo di etichettatura, come il lavoro dell'ISO
per raggiungere l'accordo sulla definitiva standardizzazione
della 14025 e quello del GEDnet circa la diffusione delle sue
potenzialità.
COSA DEVE FARE UN'ORGANIZZAZIONE PER CERTIFICARE
LA PROPRIA EPD?
PRIMO PASSO: LO STUDIO LCA
Le informazioni quantitative che andranno a completare la dichiarazione
ambientale devono provenire da uno studio LCA, che deve essere
condotto seguendo le indicazioni desunte dai PSR (se esistono),
dalle Linee Guida pubblicate dall'Agenzia (Requirement for Environmental
Product Declaration; MSR 1999:2) e dalle norme ISO della serie
ISO 14040.
Nel caso in cui i requisiti specifici di prodotto non siano
disponibili, il Sistema prevede la possibilità di una
pre-convalida. In pratica, lo studio LCA, che deve comunque
essere svolto in coerenza con quanto richiesto dalle ISO 1404X
e dalle Linee Guida del Sistema EPD, può essere sottoposto
a verifica di parte terza e accedere al Sistema tramite una
EPD che ha validità di un anno, da utilizzare per l'attuazione
dell'iter per la scrittura e approvazione dei relativi PSR.
Alla scadenza di questo anno e a seguito dell'approvazione dei
PSR, lo studio LCA e la dichiarazione EPD dovranno essere aggiornati
e in caso rivisti sulla base delle richieste espresse nei PSR.
SECONDO PASSO: I PSR
L'elenco aggiornato dei PSR è, come detto, disponibile
sul sito www.environdec.com.
Nel caso in cui i PSR siano già disponibili, questi dovranno
essere presi come riferimento per la stesura dello studio LCA
come già anticipato.
Nel caso in cui sia stata attuata la procedura di pre-convalida,
è necessario comunque partire con la scrittura dei PSR
(che può essere condotta e gestita anche da una singola
azienda, ma l'ideale è sempre coinvolgere l'Associazione
di categoria o l'Ente rappresentativo del settore) e concluderla
entro un anno dalla pubblicazione della EPD.
Si tratta evidentemente di una facilitazione prevista dal Sistema
per non bloccare alcuna iniziativa di tipo EPD. Volendo approfondire
questo aspetto, è inoltre da rilevare come il regolamento
consenta anche alcune approssimazioni nello studio LCA tali
da non rallentare l'iniziativa stessa. Si badi comunque a non
confondere questo aspetto con la terminologia "LCA semplificata",
spesso utilizzata ma priva di corrispondenza.
Da un punto di vista aziendale, questa facilitazione consente
in effetti di utilizzare già da subito e per almeno un
anno la dichiarazione e verificare se le attese sono confermate
dal mercato.
Anche se è evidente che un'azienda possa essere molto
più attratta dalla possibilità di una pre-convalida,
esiste anche il caso in cui comunque si decida di far approvare
prima i PSR e poi pubblicare la EPD. E' questo il caso di NN
Euroball APs, il primo caso italiano di EPD convalidata a seguito
della pubblicazione dei relativi PSR.
In generale, l'iter per l'approvazione dei PSR prevede:
- comunicazione di manifestazione di interesse al Comitato Tecnico
dell'Agenzia svedese (che nel caso di pre-convalida avviene
contemporaneamente alla comunicazione di inizio lavori per la
EPD);
- predisposizione di una bozza di PSR;
- coinvolgimento delle parti interessate (tramite pubblicazione
sul sito web della bozza di PSR nonché mediante una riunione
di consultazione aperta);
- approvazione dei PSR da parte dell'Agenzia.
Lo svantaggio di doversi far carico dell'onere
di condurre l'iter di approvazione dei PSR, è bilanciato
dal vantaggio di essere colui che per primo "scrive"
le regole che devono essere seguite da eventuali future organizzazioni
intenzionate ad aderire al sistema con lo stesso prodotto. Non
che i PSR possano favorire un produttore piuttosto che un altro,
ma l'obbligare ad evidenziare gli aspetti ambientali per i quali
l'azienda che propone i PSR si sente più competitiva
può risultare di chiaro vantaggio competitivo. E' comunque
da dire che normalmente l'azienda che scrive i PSR coinvolge
l'Associazione di Categoria per favorire la trasparenza e la
condivisione del documento.
TERZO PASSO: LA DICHIARAZIONE AMBIENTALE
Analogamente a quanto prevede lo schema EMAS, l'ultimo passo
prima della convalida (o della pre-convalida) è quello
costituito dalla redazione della vera e propria Dichiarazione
Ambientale EPD, che, in sostanza, è un documento in grado
di fornire informazioni ambientali sintetiche relative al prodotto/servizio
in oggetto. Ferme restando le indicazioni e i requisiti minimi
previsti dai documenti di riferimento del Sistema, la EPD viene
redatta dall'organizzazione con le modalità ritenute
più opportune ai propri scopi di "marketing verde".
INFINE: LA CONVALIDA
L'ultima fase prevista dal sistema EPD riguarda la convalida
della dichiarazione che viene eseguita dopo un audit condotto
da parte di un Organismo di Certificazione accreditato il quale,
a seguito del risultato positivo, propone la dichiarazione al
Comitato Tecnico svedese per la registrazione. Fino a pochi
mesi fa (primavera 2003) l'accreditamento degli Enti di certificazione
spettava esclusivamente allo SWEDAC (il SINCERT svedese). In
seguito, questa restrizione è stata eliminata per consentire
una maggiore diffusione e operatività del sistema.
In Italia sono oggi attivi sul Sistema EPD numerosi Enti di
certificazione che, insieme con il SINCERT, partecipano al progetto
LIFE-INTEND per il pieno successo degli obiettivi di internazionalizzazione
del Sistema EPD.
RIFERIMENTI
- AA.VV. - International Journal of Life
Cycle Assessment, Ecomed Publishers, Germany. www.scientificjournals.com
- Baldo G.L. (2000) - "LCA: Uno Strumento
di Analisi Energetica ed Ambientale" - Edizioni IPASERVIZI
(Istituto per l'Ambiente) e ANPA (Agenzia Nazionale per la
Protezione dell'Ambiente), Milano.
www.studiolce.it
- Boustead I., Hancock G. (1979) - "Handbook
of Industrial Energy Analysis" - The Open University,
West Sussex, England.
www.boustead-consulting.co.uk
- ERM (2002) - "Evaluation of Environmental
Product Declaration Schemes" - a study commissioned by
DG Environment (B4-3040/2001/326493/MAR/A2).
http://europa.eu.int/comm/environment/ipp/epds.htm
- MSR 1999:2 by Swedish Environmental Management
Council (2000) - "Requirements for Environmental Product
Declaration" - 27/3/2000
www.environdec.com
- Serie ISO 14040 e 14020.
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